Nel cortile di Fausta Cialente
10 9 2023
Nel cortile di Fausta Cialente

Dialogo tra Carré, Mazzucco e Massarenti per riscoprire l'errante scrittrice

È da subito quella levantina l’atmosfera che si respira questa mattina a Santa Maria della Vittoria.
Sono le pagine di Il vento sulla sabbia a portarci ad Alessandria di Egitto, una delle tante patrie della scrittrice che chiude questo ciclo di quattro incontri dedicati alla riscoperta delle autrici del Novecento: Fausta Cialente.

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A farne rivivere le parole e le vicende sono oggi Emmanuela Carbè, docente e critica letteraria all’università di Siena e tra le più importanti studiose di Cialente, e la nota scrittrice Melania Mazzucco, mediate dalla docente e pubblicista Francesca Massarenti.

Chi era, quindi, Fausta Cialente? Perché è stata dimenticata e come è stata riscoperta?
Se si dovesse scegliere un aggettivo da attribuirle, probabilmente il modo più pertinente per definirla sarebbe quello di scrittrice errabonda.

Fausta Cialente nasce a Cagliari nel 1898, passa l’infanzia a seguire il padre militare da un posto all’altro e quando si emancipa da lui dovrà seguire un altro uomo, il marito, con cui si trasferisce ad Alessandria d’Egitto. Si sposta poi a Il Cairo, dove collabora con un gruppo radiofonico di contro propaganda britannico, durante la Seconda guerra mondiale. Torna poi in Italia, per muoversi di nuovo ma verso il Kuwait e infine terminare la sua lunga vita nel 1994, a 96 anni, in Gran Bretagna. Una vita itinerante e varia, come la sua produzione letteraria che si è mossa tra romanzi, diari di guerra, scrittura giornalistica, memoir. E varia come la sua fortuna. Infatti, nonostante la vittoria del Premio Strega nel 1976 con Le quattro ragazze Wieselberg, Fausta Cialente è stata una scrittrice alternamente riscoperta e dimenticata dalla critica italiana.

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È proprio a causa del Premio Strega che Melania Mazzucco ha scoperto le scritture di Cialente. La scoperta è stata relativamente recente, 13 anni fa, grazie a un approfondimento su quella categoria rara che sono le donne vincitrici del Premio Strega. Ad affascinare Mazzucco, più che il libro vincitore, fu subito la figura della sua autrice, e la sua triste vicenda editoriale. Cortile a Cleopatra, secondo Mazzucco il più bel romanzo degli anni Trenta Novecento, venne scritto nel 1931, ma pubblicato in Italia solo nel 1953. Fu un ritardo letale per la fortuna di Cialente. Il romanzo, infatti, conteneva in sé elementi narrativi che nel ’31 erano dirompenti, come la frantumazione del punto di vista, la distruzione della cronologia. Tuttavia, questi elementi nel ’53 in Italia erano già stati metabolizzati e la pubblicazione non fu rivoluzionaria come, forse, sarebbe potuta essere.

L’incontro tra Carbé e Cialente invece è avvenuto un po’ prima, 15 anni fa, scaturito da un lavoro di tesi su i diari di guerra e tra questi quello della Cialente. La critica in quegli anni si è dedicata alla trascrizione delle pagine di quel diario e ricorda quel momento come uno dei più belli della sua vita: niente come la materialità delle carte riesce a far permeare il mondo di una scrittrice. E da questo mondo Carbé non è poi più riuscita ad allonarsi.

Un po’ il contrario di quando faceva Cialente con i suoi di mondi, regina della fuga, come tutti i suoi personaggi, con la differenza che nel fuggire i caratteri dei suoi romanzi fallivano sempre, ma lei no, il suo essere errante fu reale e tangibile, e fu ed è ancora oggi probabilmente il suo punto di forza. Cialente infatti, prima di tanti altri scrittori italiani, raccolse l’influenza di autori europei come Conrad, Proust, Mansfield e soprattutto Proust, che amò fino al millimetro. Quasti autori la stimolarono nello stile e nei temi. Cialente, in Natalia, raccontò tra le primissime, nel 1927, una storia d’amore saffico. Il libro, chiaramente, sparì all’istante e venne riscoperto solo negli anni ’80.

Anche Natalia, come quasi tutti i romanzi della scrittrice cosmopolita, è ambientato in Egitto. L’Egitto, il Levante, è una presenza tanto massiccia nella produzione di Cialente da diventare quasi un personaggio. L’Egitto degli anni ’20 però era qualcosa di davvero complesso, non riconducibile a una qualsiasi realtà coloniale. In Egitto, a quei tempi, c’era una grossa fetta di migranti di alto livello, industriali, produttori, costruttori, provenienti dall’Europa e che a formavano l’alta società degli europei spatriati, di cui anche Cialente faceva parte. Ma c’era anche una seconda ondata di migranti, i poveri che dall’Europa si mossero in Egitto come avrebbero fatto poi con l’America, in cerca di fortuna e lavoro, una brulicante società di proletari. C’erano, infine, gli egiziani veri e propri, che venivano in contatto con gli europei esclusivamente attraverso gli schiavi.

Cialente non racconta la sua fetta di Egitto, non da subito, almeno. Comincia con il raccontare la pittoresca realtà degli immigrati poveri di origine europea che vivono nel sobborgo Cleopatra ad Alessandria d’Egitto, in Cortile a Cleopatra. In Pamela, poi sceglie di raccontare l’Alessandria della bella vita, ma dal punto di vista di una protagonista che guarda dalla sua cantina, una protagonista laterale, come tutti i personaggi di Cialente. Andando avanti con gli anni, quando sarà costretta ad allontanarsi dall’Egitto, il Levante diventerà il luogo della memoria, come in Vento sulla sabbia, raccontato alla maniera di Proust.

In questa sua alternata e movimentata vicenda editoriale e biografica, però, è possibile ritrovare una costante, il sostegno delle scrittrici donne. Cialente intraprese una fitta e commovente corrispondenza con Aleramo, grande stimatrice della sua scrittura, ma anche con Bellonci, che la coinvolse in alcune importanti traduzioni, come quelle di Alcoot e James. Insomma, sebbene l’editoria e lo spazio culturale italiano non furono in grado di dare voce alle donne, loro riuscirono lo stesso a fare rete. E grazie ad altre tre donne, oggi, i fili di questa rete di sorrellanza sono arrivati anche a noi.

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