Nucleare e transizione verde possono andare d'accordo?
8 9 2023
Nucleare e transizione verde possono andare d'accordo?

Molti paesi stanno investendo sull'energia nucleare, dovrebbe farlo anche l'Italia? Per capirlo abbiamo messo a confronto esperti del settore con un dibattito Oxford style.

Uno alla volta e cinque minuti per argomentare le proprie tesi, queste sono in estrema sintesi le regole che hanno dovuto rispettare le due fazioni di esperti divisi in due squadre. A favore all'utilizzo dell'energia nucleare nella transizione energetica: Giuseppe Francesco Nallo con Elena Tonello, mentre contrari: Federico Butera insieme a Gianni Silvestrini, a moderare l'incontro Andrea Pareschi.

A seguire il dibattito in un'Aula Magna gremita di persone, a riprova del fatto che il tema del nucleare è molto sentito. Prima di iniziare è stato chiesto alla platea di esprimere - per alzata di mano - la propria opinione (pro, contro e astenuti), operazione che si è ripetuta anche alla fine dell'incontro e come vedremo ha dimostrato l'effetto del dibattito sul pubblico.

Entrando nel vivo dell'argomento proviamo a sintetizzare i principali punti sui quali si sono confrontati i quattro esperti. Partendo da Nallo e Tonello è chiaro da subito che l'energia nucleare non costituisca la panacea di tutti mali, ma anzi vada inserita come parte del mix energetico. Infatti, per Tonello le energie rinnovabili costituiscono idealmente la maggior parte della produzione energetica italiana mentre il nucleare rappresenterebbe una parte importante, ma di minoranza. L'energia nucleare fornirebbe quello che in gergo si chiama "baseload": provvederebbe al fabbisogno energetico quando le rinnovabili non sono in funzione (ad esempio quando non c'è vento o di notte). «Non è una gara fra nucleare e rinnovabili» ricorda Nallo e, citando l'Agenzia Internazionale dell'Energia, aggiunge che smettere di utilizzare energia di origine fossile senza il contributo del nucleare renderebbe la transizione molto più difficile e costosa. Per avere un reattore nucleare bastano in media 7/8 anni, sufficienti per rientrare negli obiettivi europei, ma per farlo bisognerebbe partire subito, così da evitare di rimpiangere di aver aspettato troppo.

A sostenere invece che il tempo è troppo poco è Butera, secondo il quale in un paese come l'Italia i tempi per la costruzione del primo reattore sarebbe almeno il doppio di quelli medi, soprattutto perché l'opinione pubblica è prevalentemente contraria (come testimoniano i due referendum sul tema). Inoltre la carenza di produzione delle rinnovabili (il "baseload") può essere coperto in maniera alternativa: con accordi di commercio con altri paesi, sfruttando le tecnologie per l'accumulo di energia o diminuendo la domanda. Infatti, sostiene Silvestrini, la priorità assoluta è modificare il nostro stile di vita per ridurre subito le emissioni e poi investire sull'energia rinnovabile. Il fabbisogno energetico continua ad aumentare e, invece di pensare semplicemente con quale tecnologia soddisfare la domanda, dovremmo lavorare in modo che questa tendenza si inverta. Iniziando noi occidentali per primi, avendo inquinato di più nel corso della storia, in modo che i paesi in via di sviluppo possano cogliere l'occasione di non fare i nostri stessi errori. I dati che emergono, per entrambe le fazioni, sono che ad oggi utilizziamo ancora principalmente energia di origine fossile e che per raggiungere l'obiettivo imposto dall'Unione Europea (ovvero le emissioni nette a zero entro il 2050) serviranno politiche rapide ed efficienti.

Ognuno, quindi, è libero di trarre le proprie conclusioni da questo confronto, cosa avvenuta chiaramente per molti dei presenti all'evento. Dal sondaggio di fine dibattito è emerso che gran parte degli astenuti si è schierata in una delle due fazioni. Ma, a prescindere da chi abbia numericamente "vinto" il dibattito, quello che resta è la maggiore consapevolezza riguardo a un argomento complesso, riprova del fatto che si può discutere costruttivamente anche di questioni divisive come questa.

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