Parigi come laboratorio urbano
7 9 2023
Parigi come laboratorio urbano

Forma e limite

Umberto Napolitano, per la prima volta a Festivaletteratura, presenta insieme a Luca Molinari la città di Parigi che ha il «pregio di essere città mondo». Nel corso dei precedenti incontri di Città mondo sono state esaminate città reali ed irreali: in questo caso si è scelto di parlare della capitale francese, in cui Napolitano ha studiato e dove ha aperto nel 2002 lo studio d’architettura LAN (Local Architecture Network).

(caricamento...)

I due architetti, Napolitano e Molinari, hanno discusso l’impianto della capitale percorrendo le sue architetture dall’Ottocento fino ad oggi, con l’idea della Parigi come «15-minute City», finendo poi con alcuni dei progetti contemporanei di Napolitano realizzati e in via di realizzazione.

George Eugene Haussmann tra 1853 e 1914 diede vita alla Parigi regolare, funzionale e geometrica che vediamo ancora noi oggi, facendosi promotore «non solo di un piano urbanistico ma anche di un piano di vita». Il mito che, negli anni, si è creato intorno alla sua figura è frutto dell’enorme impatto che ebbero le sue idee, i suoi progetti per l’allora gotica Parigi, governata da Napoleone III.

La mostra realizzata da Napolitano al Pavillon de l’Arsenal di Parigi nel 2017, ha trattato proprio del progetto del Barone Haussmann senza andarne ad approfondire il contesto storico, ma soffermandosi piuttosto sui «manufatti» che esso ha creato (gli edifici) i quali hanno permesso di dare valore alla densità della città.

La densità è stato il primo dei concetti chiave trattati nel corso dell’incontro. Napolitano ha deciso di soffermarsi sullo studio di Parigi perché pur essendo una delle città più dense al mondo (s’intenda per densità: numero di abitanti per chilometro quadrato) non viene mai percepita come tale. Napoleone III ed Haussmannn hanno infatti dato vita ad impianto urbano che fa della densità un valore e non un problema.

È proprio la logica del «costruire denso» che dovrebbe guidare gli architetti, facendogli capire che lo studio della giusta densità del domani può dare vita anche progetti ecologici, promuovendo il riciclo, condividendo risorse ed energie. Come dunque sia stato possibile a fine XIX secolo costruire l’immagine e l’identità di una città, si spiega guardando alle facciate degli edifici. Essi furono i primi ad essere realizzati con credito bancario rimborsato tramite gli affitti degli stessi, dunque non erano stati creati in modo specifico per una famiglia o per un privato ma erano piuttosto il primo esempio di edificio industrializzato.

Il pensiero industriale andava di pari passo con l’affermarsi a Parigi della massa. La massa aveva un pensiero comune e i palazzi standard da catalogo che Haussmann proponeva andavano a creare quel 75% di tessuto urbano che identifica tutt’ora la città. La standardizzazione degli edifici doveva però far fronte al problema della flessibilità, altro concetto chiave dell’incontro. Gli spazi che si andavano a costruire che fossero isolati, piazze, strade ed edifici erano stati creati con lo scopo di durare nel tempo e perciò di passare di generazione in generazione; volontà che sottintendeva la capacità degli stessi di essere flessibili nell’uso.

Guardando alla macro scala invece, la viabilità pensata dal Barone aveva generato un insieme di «micro-città assemblate in una rete che arriva ad un limite», il limite era il centro della città, al di fuori del quale tutto era scollegato e privo d’identità.

Il concetto di limite è di certo stato fondamentale per le riflessioni della seconda parte dell’incontro. Alla problematica del limite ha cercato di porre rimedio Nicolas Sarkozy, Presidente della Repubblica Francese dal 2007 al 2012, il quale ha realizzato una rete ferroviaria e di mezzi pubblici che collega le periferie parigine, senza dover passare per il centro storico.

Il limite però si dimostra insito nel concetto stesso del progettare, perché mestiere dell’architetto è «fare dono di forma» sia al vuoto che alle idee, creando limiti. «Lavorare con il limite significa stressarne i potenziali» vedere fin dove l’immaginazione si può spingere creando anche nel contesto più limitante come quello della prigione degli spazi che uniscano, come in passato ha fatto lo stesso studio LAN in un suo progetto.

La città è un manufatto che può essere studiato in modo scientifico, ma anche culturale. La città in cui siamo nati ha un forte impatto su ciò che siamo. La tematica aperta dell’identità, trattata anche da Luca Molinari all’interno del suo libro Le case che siamo, si collega perfettamente con Parigi che dell’identità è modello. Essa trascende la materialità diventando identità sociale, aumentando anche la responsabilità degli architetti che ad ogni linea che disegnano compiono un «atto culturale». Il concetto che «ogni casa che noi abitiamo ci definisce» viene di certo visto da entrambi gli interlocutori come estremamente europeo.

Il laboratorio urbano e suburbano di Parigi viene indagato per i suoi progetti proprio da Napolitano, il quale negli anni ha realizzato diversi edifici nella città; tra cui un immobile in legno in un contesto in via di sviluppo come quello di Rosa Parks (XIX arrondissement). La complessità del domani va indagata e capita per progettare edifici funzionali e coerenti con il contesto, perché la relazione che noi abbiamo con lo spazio dipende da moltissimi fattori. È necessario per fare questo uscire dai dogmi dell’ecologia, con abitazioni contemporanee create sullo scheletro di edifici preesistenti piuttosto che costruire da zero nuovi complessi abitativi.

Lo studio della città di Parigi ha permesso a Umberto Napolitano di affacciarsi anche ad un altra realtà che lo identifica, quella di Napoli, sua città natale che si dimostra ben diversa dalla capitale francese. Proprio su Napoli ha dato alle stampe nel 2020 un libro, insieme all’architetto Benoit Jallon intitolato Napoli super modern, in cui tratta della modernità della città e del rapporto ambiguo tra edifici di diverse epoche. L’incontro si chiude con l’annuncio, visto lo spiccato interesse per lo studio della filosofia che sta alla base del costruire, di un libro dedicato al concetto del paradosso.

Festivaletteratura