Primo round: cittadinanze
8 9 2023
Primo round: cittadinanze

I giovani lettori in dialogo con Gazmend Kapllani e Anna Maria Gehnyei nel primo incontro degli words match

CITTADINANZE. Questa è la parola che, proiettata su un grande schermo bianco, accoglie lo spettatore a Palazzo della Ragione.

È la prima delle tre parole (CITTADINANZE, GENERI, SCUOLE) selezionate per gli words match di Festivaletteratura; la prima delle “partite” a viso aperto che vedranno scendere in campo i ragazzi dei gruppi lettura di Mantova con le loro domande e gli adulti, gli autori, quelli che a queste domande dovrebbero cercare di dare un accenno di risposta. Ad arbitrare Simonetta Bitasi, valletta in prova - come si autodefinisce - e Alice Torreggiani.

In attesa degli autori, le sedie iniziano a riempirsi di visi giovani. Sono ragazzi che arrivano da soli, con gli amici, con i genitori. Alice Torreggiani raggiunge qualcuno di loro, lo saluta e gli parla alla pari, parlano di libri. Due insegnati discutono di scuola, si scambiano consigli sulle letture da suggerire ai loro ragazzi. E, sempre sullo schermo di prima, sotto ai caratteri cubitali di CITTADINANZE, si legge Di identità multiple, seconde generazioni, migrazioni e cittadinanze.

Ci sono tutti gli indizi perché questo match più che una partita sia un vero e proprio incontro. E così, in effetti, sarà. Simonetta Bitasi, che resta in piedi e si muove tra la platea, toglie ogni dubbio: questo sarà un dibattito partecipato, dove chi sta dall’altro lato del palco dovrà parlare di più di chi sta sul palco.

Sul palco, insieme a Bitasi e Torregiani, a sviscerare questo primo macrotema ci sono Gazmend Kapllani, scrittore albanese e cittadino americano, e Anna Maria Gehnyei, artista e scrittrice italiana di origini libanesi. Simonetta Bitasi comincia subito lasciando spazio alle parole, e legge due brani tratti dai romanzi dei due autori, Corpo nero, libro di esordio di Gehney, e Breve diario di frontiera, l’ultimo lavoro di Kapllani.

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Le righe di queste pagine ci restituiscono le storie di due migranti: quella di Anna Maria, condannata a file interminabili per ottenere con tutte le sue energie il rinnovo del permesso di soggiorno, o di un qualsivoglia documento utile a legittimare la sua presenza nel pezzetto di mondo in cui poggia i piedi, e quella del migrante di Gazmend con la sindrome della frontiera, che di fronte al varco non riesce a non avere paura. Questi due ritratti consegnano all’ascoltatore il sentire di chi è marchiato come diverso solo perché non possiede la cittadinanza giusta. Ma cosa significa avere una cittadinanza? Cosa implica?

Simonetta lo chiede al pubblico, e dopo un po’ di timidezza iniziale arrivano le prime risposte e comincia il dialogo promesso all’inizio. Cittadinanza è vivere stabilmente in un paese, cittadinanza è avere diritti e doveri; è qualcosa collegato alla scuola. Cittadinanza è sentirsi protetti da una Costituzione, dice, infine, una giovane partecipante. E parte l’applauso, automatico. Perché è quella protezione che spesso manca a chi è sprovvisto di quel maledetto documento. È quella protezione che è mancata anche ad Anna Maria ogni volta che ai posti di blocco hanno fermato solo lei tra tutto il suo gruppo di amici, ogni volta che qualcuno l’ha trattata da straniera, se non addirittura da prostituta, o tutte quelle volte che la scuola - il luogo dove più di tutti si è sentita discriminata - non ha saputo evitare di stigmatizzarla come diversa.

Gazmend si allinea e sottolinea che bisogna insistere sull’educazione. Personalmente, lui non ha mai avuto difficoltà con il razzismo delle persone, ma con quello delle istituzioni, sì. Le scuole stesse dovrebbero insegnare ai ragazzi che la migrazione è il più naturale e primitivo dei movimenti, che gli europei sono figli di migranti e il migrante di ieri non è diverso dal migrante o dal rifugiato di oggi, non ci sono classifiche, parteggiamo tutti per la stessa umanità. L’autore aggiunge di aver trovato risposte vive e interessate nei ragazzi che ha incontrato nelle scuole, così come Anna Maria, per la quale parlare ai ragazzi è una missione che ogni volta la commuove perché vede in loro una consapevolezza maggiore rispetto a quella dei suoi compagni di classe. Proprio per questo l’autrice invita il pubblico a riprendere in mano il discorso, perché sente che ci sono ancora delle domande.

Un signore dal pubblico interviene e dice che nei suoi 50 anni ha visto tutte le generazioni di migranti arrivare in Italia e sa e spera che i migranti di seconda generazione prima o poi “ci facciano il culo” (si scusa per una parola simile in un festival letterario, ma questo è); tuttavia si chiede perché, nel frattempo, questa seconda generazione che inizia a essere sempre più numerosa non provi a cercare spazio in politica.

La risposta arriva folgorante e inaspettata, quasi ad avverare la profezia dell’intervento precedente, da una giovanissima ragazza ghanese. Le sue parole sono taglienti e di una lucida energia. «Io non mi sono mai sentita nera prima di andare a scuola, prima che un mio compagno di classe me lo facesse notare, o prima che la maestra sottolineasse quanto parlassi bene italiano, sebbene io fossi nata in Italia», dichiara con accento mantovano e aggiunge che all’Italia fa comodo che lei resti straniera, fa comodo fomentare l’odio verso il diverso. E non ci sono razzisti o non razzisti: secondo lei, c’è solo ignoranza e pigrizia.

Anna Maria è commossa da queste parole: si percepisce che alle sue spalle c’è una famiglia che la sta spingendo a studiare e a farsi forte e vedere i compagni vicino a lei che la supportano è davvero la prova che a rendere plurale la parola cittadinanza e a renderla discutibile possono e devono essere loro, queste voci giovani e ferventi.

Intanto, su quello schermo alle spalle degli autori, sono comparsi saggi e romanzi ispirati al tema. Un altro degli intenti di questi incontri è quello di creare una bibliografia in continuo aggiornamento che diventi un cassetto sicuro da cui attingere e continuare a cercare risposte. Quando gli adulti non sono più soddisfacenti, c’è sempre la letteratura, e la musica, e l’arte a garantire l’incontro.

Festivaletteratura