Tutto è sempre ora
8 9 2019
Tutto è sempre ora

Antonio Prete racconta il suo tragitto da traduttore a poeta

Festivaletteratura rinnova la sua costante attenzione verso la parola poetica attraverso un programma che vedrà presenze internazionali, cui si aggiungerà una serie di incontri con alcuni degli autori più significativi nel panorama della poesia italiana contemporanea, con esondazioni della poesia in territori artistici confinanti, quasi a testarne la vera forza espressiva.


Il traduttore quando si «infila nella ragnatela della lingua», dice Antonio Prete, a forza di scomporre e ricomporre, rischia di diventare ragno e di finire a fare il poeta. Questo è quello che è successo a lui, massimo esperto di Leopardi e traduttore di molti scrittori: la sua ultima raccolta poetica si chiama Tutto è sempre ora, uscita quest’anno per Einaudi. Ne discute col critico Massimo Raffaeli, accompagnati dalle esplorazioni tra violoncello e sax soprano di Marco Remondini. Legge alcuni suoi versi: si sente l’ombra lunga di Leopardi, il pensiero che si fa poesia, interrogativo e percettivo, come nel testo che dà titolo alla raccolta:

«il transito, la cenere, l’aurora
tutto è sempre nel respiro dell’ora»

I suoi versi si domandano della natura, dell’essere, del tempo, meglio, della «fiumana del tempo fatta conchiglie». L’io del poeta non si mostra esplicitamente, ma racconta ciò che vede e su quello medita e lo fa attraverso il ritmo di un metro che è il più classico della tradizione italiana, l’endecasillabo. È lo scrittore stesso a chiarirlo: «la poesia porta le domande che sono anche della scienza, le domande sul conoscibile e l’inconoscibile dentro la dimensione della lingua».

Una dimensione che l’autore ha però prima esplorato nel suo lavoro di traduttore, traduttore del poeta Edmond Jabes, per esempio. «Tradurre metricamente, tradurre poesia mi ha fatto entrare nel momento di composizione del poeta. Per me è perciò naturale che la traduzione conduca alla poesia». E anche viceversa, racconta, come per Paul Valéry che ormai vecchio poeta traduceva Virgilio.

Secondo Antonio Prete, la traduzione è un mestiere che sta al di qua della perfezione, perché una traduzione perfetta non si dà mai ma è anzi un continuo corpo a corpo con l’altro: «il traduttore, di fatto, espropria il poeta di ciò che gli è più caro, la sua lingua, e dà nuova vita alla poesia». In questo scambio, in questo contatto di lingue si dà allora un esercizio del rapporto con l’altro, una comprensione di lingue e dunque di culture. Un rapporto che per Prete è stato anche e personalmente un rapporto diretto e di amicizia con quei poeti che ha tradotto e che l’hanno ispirato, come Jabes o Yves Bonnefoy: «il dono dell’amicizia» dice lo scrittore.


Per chi vuole approfondire il percorso, Festivaletteratura propone:

Evento 9 “Una lingua che esiste da sempre” - Evento 21 “Il teatro è un gran patto collettivo” - Evento 26 “La poesia organica” - Evento 44 “Lo zolfo della parola - I riti teatrali di Mimmo Borrelli” - Evento 50 “Sono quello che sono, sono sempre la stessa” - Evento 88 “Una scena che ho visto tanti anni fa” - Evento 101 “Gli occhi, fondali neri” - Evento 135 “Le voci della disobbedienza” - Evento 163 “Il silenzio e la luna” - Evento 188 “La poesia insegna il necessario” - Evento 217 “Ultima poesia”.

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