Uccidere la privacy per non essere dimenticati
7 9 2018
Uccidere la privacy per non essere dimenticati

Dialogo con Andrew O'Hagan

Un viaggio nei meandri dei territori digitali, nelle entità remote che controllano quotidianamente i nostri comportamenti, nelle presunte città intelligenti, nei sogni inquieti che - non da oggi - accompagnano il rapporto tra uomo e macchina, nei social network e nelle fake news.


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Se c'è un giornalista che ha fatto dell'identità il suo terreno di ricerca quello è Andrew O'Hagan. Ha scritto di guerra, moda, politica ed attualità. Celebre il suo saggio sul disastro alla Grenfell Tower. Negli ultimi anni però la sua attenzione si è concentrata sulla potenza della rappresentazione e l'autorappresentazione nell'era delle piattaforme social e dei medium di massa. «Viviamo nell'epoca della globalizzazione del sé, tutto è fiction, tutto viene esagerato, distorto e messo a disposizione degli altri. In totale contrapposizione con il passato, le nuove generazioni considerano imbarazzante, sordido solo quello che non viene pubblicato.» ha dichiarato l'autore in risposta a Carlo Annese che lo ha intervistato per Festivaletteratura.

Il suo ultimo reportage La vita segreta: tre storie vere dell'era digitale nasce dall'intreccio di tre storie, due delle quali dedicate a Julian Assange e Craig Wright, alcune fra le personalità più controverse ed enigmatiche degli ultimi anni. Da questi esempi eclatanti il discorso si allarga a macchia d'olio. Oggi, infatti, chiunque abbia una connessione internet è potenzialmente in grado di reinventare se stesso molteplici volte, abbellendo e modificando ma soprattutto vivendo a metà. Fra fiction e realtà.

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Alla dickensiana domanda “Chi siamo noi veramente?” sembra sempre più difficile dare una risposta. Da una parte la necessità di esistere sul web, di esserci e non farsi sommergere. Dall'altra la privacy risucchiata nel gorgo dei grandi analizzatori di dati, masticata e rigurgitata solo occasionalmente più per meccanismi spontanei che ragionati. Quando maschera e realtà iniziano a confondersi quello che resta da capire è qual diventa il ruolo del singolo.

O'Hagan critica l'eccessiva spettacolarizzazione del sè e si sofferma in particolar modo su ciò che il mestiere del reporter diventerà nei prossimi anni: «Raccontare i fatti assume sempre più le forme di una narrazione. Di conseguenza il mio lavoro sarà anche quello del romanziere. Un Borges del giornalismo per cui la verità è relativa e non più oggettiva. Eppure oggi più che mai siamo alla ricerca di prove concrete, di fatti. Per questo credo che sia fondamentale avere il coraggio di deludere chi crede ciecamente al fittizio, alla verità comoda.»

Uscire da questo labirinto di specchi è impossibile. L'unico sistema ancora possibile è regolamentarlo per non lasciarlo diventare un gigantesco specchio d'acqua in cui precipitare.


Per chi vuole approfondire il percorso, Festivaletteratura propone:

Evento 6 “Vero o falso” - Evento 9 “La democrazia al tempo delle smart city” - Evento 113 “La nostra vita all’ombra dei colossi” - Evento 126 “I nuovi sfruttati” - Evento 185 “Una rivolta contro la condizione umana”.

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