Un sottobosco di fantasia e riflessioni
9 9 2022
Un sottobosco di fantasia e riflessioni

Rigiani e Zannoni. Due autori, due libri, differenze e somiglianze

La nascosta cornice del Conservatorio Lucio Campiani ospita un’intervista guidata dalla scrittrice Sarah Savioli a Davide Rigiani (Il Tullio e l’eolao più stranissimo di tutto il Canton Ticino) e Bernardo Zannoni (I miei stupidi intenti, vincitore del Premio Campiello). Siamo di fronte a due libri molto bizzarri, molto diversi, ma che possiedono un qualcosa in comune. Questi due romanzi possano considerarsi ricolmi di numerosi spunti di riflessione. Le voci dei due promettenti scrittori rispondono alle domande di Sarah Savioli con prontezza, offrendo risposte profonde e chiavi di lettura per i loro romanzi, mettendosi totalmente a nudo alle orecchie attente del pubblico.

Si parte con il pensiero sulla verità nella narrativa, seguendo la scia di un'opera di George Saunders, Un bagno nello stagno sotto la pioggia. Rigiani sostiene che quando si scrive qualcosa di realistico, uno scrittore cerca di descrivere quel mondo che vede al di fuori della sua finestra e per farlo utilizza la cosiddetta "realtà condivisa", verosimile. Una storia però può essere veritiera anche quando questo schema viene a mancare: possiamo dunque avere un evento veritiero, ma non verosimile, ed i libri in cui ciò accade possono arricchirsi di significati e di verità che, in uno scritto realistico, non potrebbero mai essere raggiunti.

Per Rigiani la verità in narrativa fondamentalmente non esiste, infatti «ci sono cose più concrete della letteratura»: nel suo libro il problema del protagonista, il Tullio, un bambino di dieci anni, è quello di avere troppa fantasia. Una distorsione della realtà che è importante se si vuole cambiare qualcosa. Nella storia si fa appello anche all'ironia e all'umorismo per dare al lettore una gratificazione istantanea, c'è una grande attenzione allo stupore (che è «il sintomo che si è ancora vivi») insieme a varie sfumature di assurdità.

Nel libro di Bernardo Zannoni i protagonisti sono animali diversi tra di loro. Ciò che ha continuato a spronare il giovane a scriverlo (aveva solo 21 anni alle prime righe) è stata la volontà di non annoiarsi mai, per tenere sul filo del rasoio sia se stesso sia il lettore. Ha scelto gli animali come protagonisti perché hanno «una flessibilità narrativa cento volte superiore dei personaggi della nostra specie»: "millenni" di favole ci hanno infatti insegnato che attraverso gli animali si possono esprimere concetti e morali con estrema facilità. Nella sua narrazione, Zannoni usa un approccio diverso da quello di Rigiani: I miei stupidi intenti è guidato da una sorta di "sincerità del buio", nella quale Sarah Savioli immagina che il lettore venga tenuto per la gola dall'inizio alla fine. Il giovane scrittore afferma invece che ha accompagnato semplicemente sé stesso per tutto il romanzo, è arrivato in fondo da solo: «la gola era la mia».

Ci si sofferma sulla visione della cultura dei due autori. Per Rigiani non basta il semplice conoscere, bisogna saper pensare e imparare. L'opinione di Zannoni è da brividi: ciò che si può considerare cultura non solo arricchisce («siamo tutti buoni ad arricchirci»), ma riesce anche a trasmettere qualcosa che si adatta in maniera talmente perfetta a quello che già si è, che è come se lo si fosse sempre saputo, e riscoprendolo si ritrova anche se stessi.

L'incontro si conclude con l'onesta opinione di due scrittori sull'arte del narrare. Non si sono mai interrogati sull'esistenza del suo reale senso, semplicemente perché non riescono ad immaginare che in questo mondo non si narri: il raccontare storie non è ancora un atto inutile nel vero e proprio senso della parola, perché come il ballare, come il cucinare, è un'azione che ci serve per fare quella cosa in più rispetto al sopravvivere.

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