L'estetica del triviale
7 9 2018
L'estetica del triviale

Marco Malvaldi e Stefano Tofani ci parlano di umorismo toscano

A Festivaletteratura quest'anno si ride. All'umorismo, uno dei generi letterari più misconosciuti e bistrattati dalla critica, saranno dedicati numerosi e bizzarri eventi, frutto della complicità di scrittori e artisti che hanno coltivato questa passione in semi-clandestinità.


«Tagliamo corto con i ringraziamenti, perché siamo entrambi toscani e quindi maleducati». L’incontro di oggi con Marco Malvaldi (celebre autore della serie I romanzi del BarLume) e Stefano Tofani (in libreria il suo ultimo romanzo Fiori a rovescio) è punteggiato di aneddoti, freddure, voci del vocabolario.

Come puntualizzano fin da subito, il tipo d’umorismo che andranno a sviscerare stasera è un umorismo «orgogliosamente, radicalmente ignorante». Un tipo di humour (sboccato, ma anche dissacrante e provocatorio) a cui la loro terra d’origine, la Toscana, è da sempre associata nell’immaginario collettivo; basti pensare al filone dell’invettiva, che parte da Dante e arriva fino a Benigni.

Sul perché di questo fatto, i due hanno opinioni diverse: secondo Tofani, i toscani sono tendenzialmente infantili: «Siamo volgari, abbiamo il gusto della parolaccia, ma siamo sinceri, schietti, come i bambini».

Invece Malvaldi (che definisce scherzosamente la propria idea «scientifica, assolutamente radicata») risale fino al 1847, quando Leopoldo II («che, poverino, era austriaco e si è ritrovato in Maremma!») per la prima volta autorizza i giornali a parlare di politica e affari di stato, per porre un freno al proliferare di opuscoli clandestini. I giornali colgono la palla al balzo per manifestare il loro dissenso: prende piede la satira, dominano i toni agguerriti e accesi.

Ma l’umorismo toscano non scaturisce da una particolare verve creativa (da «una mutazione genetica che si manifesta solo in chi mangia acciughe dell’Arno»), quanto piuttosto da un clima di tranquilla impunità. «I toscani sono sempre stati tutti contro tutti dall’epoca dei Comuni» spiega Malvaldi «Il conflitto a volte sfociava nelle legnate, ma spesso si fermava alla semplice presa in giro»

L’autentico rappresentante dell’umorismo toscano, nume tutelare di questa «chiacchierata», è indubbiamente Ettore Borzacchini (alias Giorgio Marchetti), autore de Il Borzacchini universale. Dizionario ragionato di lingua volgare anzi volgarissima d'uso del popolo (di cui viene letta qualche voce di fronte al pubblico, che si sbellica dalle risate). Un linguista sui generis, che «ha preso uno dei libri più noiosi in assoluto, il dizionario, ed è partito dalla sua grande cultura umanistica, architettonica, tecnica per tuffarsi negli abissi più beceri. Borzacchini unisce due tratti distintivi dei toscani: l’erudizione e la volgarità». Inoltre, esemplifica un aspetto fondamentale dell’umorismo toscano, «il godere della costruzione di perifrasi che spieghino cose ovvie nel modo più roboante possibile, perché sia impossibile dimenticarsele». Per Malvaldi e Tofani, l’esempio paradigmatico del cinema toscano non è Amici miei di Monicelli, «opera di un genio ineguagliabile», ma Berlinguer ti voglio bene, «di una volgarità assoluta, ma anche di una poesia assoluta».

I due si sono conosciuti quando una collega ha spedito a Malvaldi una bozza dell’Ombelico di Adamo, il romanzo d’esordio di Tofani. Malvaldi è rimasto impressionato fin da subito dal suo talento; quando qualcuno menziona Fiore a rovescio, si spertica in lodi: «Fiore a rovescio non è un libro umoristico, è un libro che parla di una famiglia disgraziata, la cui esistenza gravita attorno a un figlio, disabile ma molto amato; amato in maniera vera, non pietistica o contraddittoria. Intorno a lui ruota tutta la vicenda, non idilliaca, non tutta rose e fiori: c’è povertà, c’è l’Italia degli anni Ottanta, un posto bellissimo per alcuni, non così bello per la maggior parte della gente»

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E lasciando un attimo da parte la Toscana, qual è secondo loro la cifra della comicità italiana? Secondo Malvaldi, la stand-up comedy. Nella commedia anglosassone, specialmente il cabaret statunitense, si ride di qualcuno e non con qualcuno: «Per ridere occorre una sospensione del senso di realtà, perché quando si ride, si ride spesso di cose un pochino cattivelle». In Italia, invece, ridiamo di noi stessi: «Il comico romano prende in giro i romani. Si è tra amici, un po’ come i vecchietti del BarLume»

I due autori si congedano dal pubblico con una perla di saggezza: «Perché una storia diverta veramente, inizio e fine devono essere incompatibili. Il racconto prima o poi deve prendere una svolta inaspettata. L’umorismo vero si basa su una continua alternanza tra cosa ci si attende e cosa in effetti si verifica»


Per chi vuole approfondire il percorso, Festivaletteratura propone:

Il libro più divertente che ho letto, mercoledì 5 settembre ore 19.00 - Evento 14 “Storie da conigli ruggenti” - Evento 16 “Homo ridens lab” - Il libro più divertente che ho letto, giovedì 6 settembre ore 12.00 - Evento 33 “Raccontare i fatti propri a fumetti” - Il libro più divertente che ho letto, giovedì 6 settembre ore 18.00 - Evento 43 “Vietato annoiare” - Evento 56 “The Wild Man of Fiction” - Il libro più divertente che ho letto, venerdì 7 settembre ore 12.00 - Il libro più divertente che ho letto, venerdì 7 settembre ore 18.00 - Evento 99 “Le mille facce di A. A.” - Accenti, venerdì 7 ore 22.00 - Evento 107 “Fiutare l’ironia della quotidianità” - Il libro più divertente che ho letto, sabato 8 settembre ore 12.00 - Il libro più divertente che ho letto, sabato 8 settembre ore 14.00 - Evento 151 “Quando la matita lascia il segno” - Il libro più divertente che ho letto, sabato 8 settembre ore 19.00 - Evento 193 “Bravo brevissimo” - Il libro più divertente che ho letto, domenica 9 settembre ore 12.00 - Il libro più divertente che ho letto, domenica 9 settembre ore 14.00.

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