Nelle fini piume delle nuvole
8 9 2018
Nelle fini piume delle nuvole

La poesia e la lingua per Agi Mishol

Intorno alle patrie, alle identità, alle lingue che a fatica si riconducono dentro i confini ridisegnati per tutto il Novecento si annodano molte delle potenti narrazioni degli scrittori europei ospiti quest'anno a Festivaletteratura.


«La poesia è necessaria, perché abbiamo bisogno di parole»: così Elisabetta Bucciarelli introduce la poetessa israeliana Agi Mishol. Le poesie dell’autrice vengono lette in ebraico e il suono, il ritmo, la musica ci trasportano lontano, un po’ come viaggiando. La lingua ebraica proviene davvero da un altro tempo, da un altro spazio. Antichissimo, eppure eterno. La lingua del popolo di Dio. La poesia quindi è suono, è voce, è canto. E proprio in Canto per l’uomo parziale troviamo la bellissima frase “Nelle fini piume delle nuvole” che dà il titolo all’evento odierno.

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Da dove arrivano le parole? Da dove arriva la lingua? L’autrice non scrive nella sua lingua natale (i genitori sono sopravvissuti alla Shoah ungherese e da lì provengono). Non importa neppure l’argomento che la poesia tratta, solo la parola è fondamentale. La lingua ebraica ha molti strati, che partono da quello biblico fino ad arrivare allo slang giovanile moderno, e la cosa bella è proprio attraversare questi strati mettendo insieme parole di livelli differenti. Le parole ebraiche fanno poi singolarmente parte di una famiglia di parole che da esse derivano. Ed ecco che tutto si fa sempre più interessante, più profondo, più stratificato. Anche i punti sono importanti, rappresentano le vocali e circondano le consonanti. Diventano una sorta di decorazione. Ma purtroppo i ragazzi non vocalizzano più, non decorano più. Per alcuni invece la poesia è ancora emozione. Agi Mishol tiene corsi di poesia per ragazzi a Tel Aviv ed è bellissimo vedere i loro cuori battere mentre scrivono o leggono o ascoltano poesie.

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Nel primo libro, un autore parla sempre di se stesso, della propria famiglia, poi invece bisogna aprirsi e portare l’altro nei proprio libri. In questa ottica è la poesia “Oche” che parla di una esperienza giovanile dell’autrice, completamente negata per la matematica, che viene invitata dal professore a pascolare le oche. E le oche poi arriveranno davvero nel giardino della poetessa, così come gli uccelli «che volano all’indietro». Spesso abbiamo nella poesia di Agi il riferimento agli animali, alla natura. Perché lo sguardo del poeta deve essere semplice, rivolto alle cose semplici come la natura che ci circonda, come gli animali. Perché spesso gli animali capiscono l’animo delle persone e possono portare dentro di sé anche quel “graffio interiore” che segna e fa soffrire. I poeti girano e osservano questo mondo, per poi ritrovarsi in strane stanze, scoprendo magari un nuovo corpo. Perché la poesia è anche qualcosa di psicofisico. E l’ispirazione arriva proprio come uno stimolo fisico, come un tremito nelle dita, come un’emozione vera. E anche la scrittura è qualcosa di fisico.

Scrivere a mano è diventata una esperienza intima, poiché ormai tutti scrivono alla tastiera. Un tempo ci si emozionava ricevendo una lettera scritta a mano, riconoscendo la calligrafia della persona. Mostrare la propria scrittura è davvero come mostrarsi nudi: «mi spoglio per te fino alla calligrafia». Perché scrivere è sempre scambio di amore, che chiediamo, che cerchiamo, e che poi riversiamo a nostra volta. Attraverso la lettura poi riusciamo a vedere le cose cambiando il nostro punto di vista ed aiuta a mettersi nei panni dell’altro per poter dialogare meglio in questi tempi di profonda incomunicabilità. «Siamo fatti della stessa tristezza della vista». Tristezza significa in ebraico anche “sistema di nervi”. Noi siamo dunque quello che vediamo, quello che siamo portati a trasmettere attraverso le parole, in una grande mappatura poetica del mondo e profondamente in comunicazione l’uno con l’altro.

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Per chi vuole approfondire il percorso, Festivaletteratura propone:

Evento 28 “Scrivi come se nessuno ti vedesse” - Evento 29 “Autoritratto di un giannizzero” - 47 “Accadde a Sarajevo” - Evento 101 “Metafisica del lontano nord” - Evento 114 “Nipoti della storia” - Accenti, “En el laberinto catalán” sabato 8 settembre, ore 10:00 - Evento 146 “Un pregiudizio mai sopito” - Evento 155 “Guardare al passato per raccontare la Russia di oggi” - Evento 156 “La Spagna sospesa in un romanzo” - Evento 187 “Il mondo si incontra a Bruxelles” - Evento 196 “Il sessantotto che non abbiamo capito”.

Festivaletteratura