Il dialogo fra borgo e città
Questi mesi recenti, in cui le nostre vite sembrano aver rallentato, sono stati per molti di noi un momento di riflessione, un'occasione per osservare con occhi diversi gli spazi che abitiamo, che siano essi le mura domestiche o le strade di una città.
Emanuela D'Abbraccio, Donatella di Pietrantonio, Carlo Ratti dialogano con Neri Marcorè sullo spazio vissuto dalla comunità, dai luoghi legati al passato come i borghi ai luoghi già proiettati nel futuro, come le grandi metropoli.
Di Pietrantonio, cresciuta nell'aspro paesaggio dell'Abruzzo pedemontano, racconta nei suoi romanzi (Borgo Sud, L'Arminuta) il vincolo delle radici e la voglia di fuggire per cercare altri posti a cui appartenere, fuga però che prima o poi comporta un ritorno. L'autrice ricorda il casolare in cui abitava negli anni Sessanta e il suo borgo come «spazi affettivi concentrici», in cui la vocazione comunitaria era forte. Questi luoghi nell'Italia più interna e spesso inseriti in un contesto agricolo si stanno spopolando e per l'autrice è necessario conservarli e attualizzarli, mantenendone l'identità storica, ma allo stesso tempo ripensarli a misura della popolazione più giovane, quindi potenziando i servizi e le infrastrutture.
Carlo Ratti (La città di domani), architetto dal background molto diverso (quasi opposto), racconta come l'abbandonare le origini non è un tradire la propria identità, ma aggiungerle qualcosa di nuovo: «si può appartenere a più luoghi, quasi come se fosse una sorta di poliamore». Per quanto riguarda la città ideale, l'architetto descrive «la regola dei 15 minuti », secondo la nuova pianificazione urbanistica ogni cittadino potrà raggiungere in un quarto d’ora, a piedi o in bicicletta, i servizi base, i luoghi di intrattenimento e di lavoro.
Questa regola potrà essere applicata anche nei centri minori, se avviene un intervento dall'alto (dallo Stato), ma allo stesso tempo, se dal basso (dai cittadini) nasce un desiderio di fare rete.
La
restauratrice D'Abbraccio,
che
per lavoro “rinnova” ciò che è passato, racconta al pubblico la
ricostruzione della Basilica di San Benedetto a Norcia, in seguito
al terremoto del 2016: è essenziale l'utilizzo di materiali nuovi
(l'acciaio e il vetro) e il recupero di quelli originali.
I
tre ospiti concordano sul fatto che i luoghi non sono mai un foglio
bianco, le nuove città sorgono sulle precedenti, quindi costruire
significa ricostruire e «in questo gioco tra la libertà (del
presente) e i limiti (del passato) nasce la creatività umana».