Topografie familiari
8 9 2021
Topografie familiari

Alicia Kopf e Claudia Durastanti tra autofiction e memoir

Alicia Kopf e Claudia Durastanti sono due giovani scrittrici legate dall’interesse verso l’esplorazione, con una produzione letteraria che sta nell’intercapedine tra i due generi della fiction e del memoir. Entrambe non si riconoscono nei generi codificati del memoir, che in quanto tale presuppone la narrazione di un trauma attraverso una lingua catartica, la rappresentazione della vita aldilà della finzione, storicamente relegato al genere femminile, e neppure nell’autoficion, un genere meno fluido e dalla pretesa di rappresentazione che mima il reale. Il rifiuto della dicotomia tra l’io finzionale e l’io ascrivibile all’ordine della realtà, genera una forma ibrida e personalissima del racconto.

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Alicia Kopf, nom de plume dell’artista catalana Imma Ávalos Marquès racconta di aver iniziato a scrivere il suo romanzo Fratello di ghiaccio quando all’età di trent’anni viene diagnosticato un disturbo dello spettro autistico al fratello: inizia così la narrazione. Kopf ragiona per concetti, per astrazioni, e metafore ricordandoci di come la scrittura e l’arte performativa vadano di pari passo. Il suo libro diviene un progetto artistico di più ampio respiro, portando l’arte concettuale tra le pagine come semiotica della realtà. Fratello di ghiaccio è situato in continuità con il progetto artistico Àrticantartic, una serie di mostre fotografiche che, tramite la metafora delle esplorazioni polari dello scorso secolo, indaga il lavoro dell’appropriazione e della rielaborazione di materiali e codici di un’epica maschile di conquista.

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L’intolleranza delle classiche modalità di narrazione è centrale anche per Claudia Durastanti: La straniera nasce dalla volontà di spezzare la mancanza di adeguate modalità rappresentative della disabilità, che sfocia nel grottesco o nell’esasperazione delle deformità corporali. Il libro, gravitando attorno alla sordità della madre, ha come perno l’ascolto e la trascrizione, a cui è affidato l’onere di dare un tono al silenzio. Tale è il compito dello scrittore: collocare nel romanzo le persone non come monadi piatte, ma costituite da luci e ombre, in un gioco che ne restituisca spessore e trasparenza.
Trasparenza per Alicia Kopf è riuscire a trattenere la bellezza, congelarla nelle parole e nelle immagini. Allo stesso modo cercare la propria modalità di far riaffiorare luci ed ombre, portare la bellezza alla superficie, come un’ascia che rompe il ghiaccio. Al contempo ghiacciare il dolore, fermare e consolidare l’immagine di un corpo ferito.

Vittima è chi non può raccontare la realtà e viene costretta al silenzio. Qui sta il cuore catartico dei due romanzi di Alicia Kopf e Claudia Durastanti: levare la voce, scrivere e costruire la propria narrazione è una forma di potere. Come insegna la psicologia per affrontare un trauma è necessario dargli un corpo, un nome. Che forma ha la vita? Affiora qui il fulcro della narrazione, modalità privilegiata di creazione di un’identità transitoria: la meraviglia della narrazione che diviene atto performativo, forgiando il sé del futuro.

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