La scrittura secondo Stefánsson
Intorno alle patrie, alle identità, alle lingue che a fatica si riconducono dentro i confini ridisegnati per tutto il Novecento si annodano molte delle potenti narrazioni degli scrittori europei ospiti quest'anno a Festivaletteratura.
«Parlare del senso della vita non è metafisica, è essere vivo». Così risponde Jón Kalman Stefánsson ad Alessandro Zaccuri, che lo intervista. Parla del senso della vita, ma il tono è amichevole, quasi come se si parlasse di una partita di calcio, magari davanti a un caffè, nel salotto di casa con pochi amici, anziché nella Basilica Palatina di Santa Barbara davanti a un centinaio di persone. D'altra parte non è sempre necessario essere impostati per affrontare argomenti seri, per stessa ammissione dello scrittore: «Si può benissimo recitare una poesia quando si fa la pipì. No?».
Sarà perché decide di non parlare in italiano ma in islandese, la sua lingua madre, che Steffánsson fa scivolare subito il pubblico un’altra dimensione. Accanto a lui non c’è un’interprete, ma la sua traduttrice, Silvia Cosimini. Le parole dette, come quelle scritte, navigano. Non si sa dove conducano; fosse anche nel lontano Nord il pubblico le segue, come ascoltando una musica blues.
L’epigrafe del libro presentato stasera, Storia di Asta, recita: «Dove fuggire se non c’è modo di uscire dal mondo?». Non si fugge infatti: il pubblico rimane incollato alle sedie, ma grazie alle parole dell'autore è trasportato un mondo lontano. Un mondo dove il sotto e il sopra e il vicino e il lontano sono diversi; dove le distanze sono altre e il tempo non è lineare: è quello metafisico di Stefánsson.
Scrivere un romanzo è il modo che l'autore ha di scoprire il mondo e confrontarsi con esso: Stefánsson ha scritto 14 romanzi, di cui 2 mai pubblicati, ma sostiene di non aver ancora scritto il libro a cui pensava quando ha iniziato e, anche se riuscisse a farlo, è convinto che "quel" romanzo sarebbe brutto. D'altra parte, non è chi scrive a controllare la scrittura, ma, viceversa, è lui ad essere comandato. Per questo Stefansson non è un poeta: non riesce a scrivere versi; pur tentando di inserire la poesia nei propri romanzi, la prosa continua a venirgli naturale.
Si torna infine a parlare di Storia di Asta, la cui protagonista è un personaggio che oscilla tra finzione e verità ispirato alla zia materna dell'autore, anche se per la riuscita della storia ammette di essersi dovuto necessariamente allontanare dalla veridicità della figura familiare. In ogni caso, nei personaggi di Stefansson, veri o costruiti che siano, ci si può sempre riconoscere. Non cambiano infatti i sentimenti degli esseri umani, la loro interiorità che può essere, o essere stata, in qualche frammento di vita, anche la nostra.
Per chi vuole approfondire il percorso, Festivaletteratura propone:
Evento 28 “Scrivi come se nessuno ti vedesse”- Evento 29 “Autoritratto di un giannizzero” - 47 “Accadde a Sarajevo” - Evento 114 “Nipoti della storia” - Evento 115 “Nelle fini piume delle nuvole” - Accenti, “En el laberinto catalán” sabato 8 settembre, ore 10:00 - Evento 146 “Un pregiudizio mai sopito” - Evento 155 “Guardare al passato per raccontare la Russia di oggi” - Evento 156 “La Spagna sospesa in un romanzo” - Evento 187 “Il mondo si incontra a Bruxelles” - Evento 196 “Il sessantotto che non abbiamo capito”