Credevamo in un mondo migliore
6 9 2019
Credevamo in un mondo migliore

Utopia e ideologia nella Germania nazista

Al destino incerto dell'Europa è dedicata una parte importante degli appuntamenti in programma a Festivaletteratura 2019.


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Uwe Timm ha una corrispondenza con l’Italia di lunga data, ricorda Lorenzo Pavolini nel presentare Un mondo migliore. E non si parla solo degli anni trascorsi a Roma con la famiglia o della sua passione per Visconti, Pasolini e Gramsci. Un ricordo vivido della sua infanzia risale al 1947, quando il padre portò qualcosa di molto esotico a casa, in un periodo di profonda carestia nella Germania del dopoguerra. Per curiosità e impazienza Timm bambino addentò - buccia compresa - il frutto tondo e brillante che poi avrebbe scoperto essere un’arancia, il suo primo contatto con l’Italia.

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L’incipit di Un mondo migliore presenta una scena molto simile: nei giorni successivi alla caduta del regime nazista, tra le macerie di città devastate, si aggira un bambino rimasto nascosto per più di un decennio nel terrore di essere catturato e rinchiuso in quanto “imperfetto”. Di tutte le provviste distribuite dagli americani il bambino riceve una gomma da masticare e se la mette in bocca con tutta la confezione, prima che il soldato generoso abbia modo di scartargliela.

Il soldato in questione è la voce narrante del romando, Michael Hansen, americano nato da genitori tedeschi, considerato fondamentale nelle operazioni di mediazione e ricerca nella Germania appena liberata. A lui viene affidata un’inchiesta nei confronti di Alfred Ploetz, medico genetista e teorico dell’igiene della razza. A un passo dal Nobel alla fine degli anni ’30, Ploetz muore prima della guerra, ma le sue teorie, radicalizzatesi con l’avvento di Hitler, vanno a confluire negli esperimenti e nelle atrocità dei campi di sterminio. Hansen ha il compito di interrogare uno stretto amico dello scienziato, Karl Wagner, che ne ha condiviso l’ideologia utopistica dell’eugenetica e, al tempo stesso, non si è mai piegato ad applicarla al progetto di eutanasia della Germania nazista.

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Uno dei temi fondamentali del romanzo ruota intorno al senso di ubbidienza e disubbidienza, al silenzio come resistenza e non assenso, a piccoli gesti che possono inceppare una macchina mortale, a un secco no a fronte di tanti sì. Wagner è l’incarnazione del no proprio nel momento in cui gli sarebbe convenuto dire sì e affiancarsi a Ploetz, sempre più potente e influente sotto il regime. In Un mondo migliore Timm ricorda che per agire non serviva e non serve essere eroi, e che la possibilità a disobbedire viene riconosciuta dalla maggior parte dei tedeschi solo alla fine della guerra, quando da un giorno all’altro i vincitori si fanno vinti e devono abbandonare le abitudini formali e una mentalità completamente rivoltata.

Wagner reca in sé un chiaro riferimento al Dottor Faust e non è un caso che durante la guerra si nasconda nella cantina di una libreria antiquaria, tra tantissimi libri proibiti dal regime. Al tempo stesso, il suo personaggio arriva dopo quarant’anni di gestazione ed è frutto del 1968, un momento storico molto sentito dallo scrittore e ricorrente nelle sue opere.

Wagner è alla ricerca di una giustizia e di un’uguaglianza assolute, che si riflettono nel suo interesse per le comunità utopistiche e per la breve esperienza della Repubblica dei Consigli a Monaco. Il titolo originale del romanzo, Ikarien, è tratto da Étienne Cabet e dal suo comunismo utopista.

Il pomo della discordia tra Wagner e Ploetz si materializza nel momento in cui l’amico si rende conto che lo scienziato non è in grado di provare empatia, mentre per Wagner i deboli e i diversi sono gli enzimi indispensabili per far crescere la società. Timm rimanda proprio a queste parole chiave il significato e il valore della letteratura: linguaggio e uguaglianza sono elementi molto stretti e, contemporaneamente, mai stabili, che hanno bisogno di essere sempre ricalibrati per non cadere nella retorica della violenza. La letteratura, se davvero non può cambiare il mondo, ha il compito e il dovere di porsi come spazio d’azione e di sviluppo per quell’empatia tanto assente in Ploetz, quanto necessaria per prendere posizione e per reagire contro i pericoli dell’ideologia.


Per chi vuole approfondire il percorso, Festivaletteratura propone:

Evento 10 “Sintomatologia della crisi” - Pensieri in comune mercoledì 4 ore 21.00 “Terra mediterraneo” - Evento 17 “Quando l’URSS faceva cultura” - Evento 31 “De la terre des pleurs un grand vent s'éleva” - Evento 35 “Sotto la luna di Beirut” - Evento 36 “La pagina bianca a volte è il mio nemico” - Evento 37 “Dare voce alla storia africana” - Evento 41 “Da dove nasce la crisi europea” - Evento 45 “Trovare la luce nelle tenebre” - Evento 46 “Astrid Lindgren: la vita è una favola amara” - Evento 47 “I miei personaggi mi rincorrono” - Evento 51 “Il fascismo storico” - Evento 60 “Il re dell’Atlantico” - Evento 67 “Messia e Rivoluzione” - Evento 68 “La bandiera del mio paese ha due colori” - Evento 70 “Una storia intima del nazismo” - Evento 77 “Il ricordo e il labirinto” - Evento 85 “Tra le gole dell’Armenia” - Evento 95 “Trafficanti di essere umani” - Evento 96 “Il pericolo di ideologia come alibi” - Evento 116 “La guerra, la scrittura, le donne” - Evento 119 “Da Norcia all’Europa” - Accento venerdì 6 ore 22.00 “Gran Cabaret socialista” - Evento 136 “Giocare con la narrazione” - Evento 153 “La storia si ripete?” - Evento 159 “Mondi separati dentro le città” - Evento 169 “Allons enfants” - Evento 203 “I barbari che siamo, i romani che non siamo” - Evento 213 “Come Davide contro Golia” - Read on domenica 8 ore 15.00 “EU dreamers” - Evento 221 “Il nome necessario”.

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